Il popolamento dell’Iran è il risultato di quella progressiva espansione verso S delle popolazioni centroasiatiche, indoeuropee, che da un lato hanno conquistato la valle dell’Indo (i popoli Ari), dall’altro, varcando il Kopetdag, l’altopiano iranico. Il Kopetdag è rimasto ancora, come più a E il Paropamiso, l’elemento divisorio tra area iranica e area turca. Tuttavia non mancano in Iran diversi gruppi di turchi: gli azerbaigiani che rappresentano un quarto della popolazione, i turcomanni che vivono a E del Mar Caspio, kashkai, nomadi e seminomadi dello Zagros, discendenti di un’orda giunta nel Paese a seguito dell’invasione mongola. Però la maggioranza delle popolazioni è data da iranici, tra i quali tuttavia si riconoscono gruppi etnici che hanno conservato una loro unità di promozione feudale: tra questi gruppi i principali sono quelli rappresentati dalle grandi tribù nomadi dello Zagros, tra cui i luri, i bactiari e gli stessi curdi (questi ultimi rappresentano, in territorio iranico, solo una frazione del più vasto gruppo che occupa l’Iraq nordorientale e la Turchia orientale); altro gruppo importante è quello dei baluchi nel Sudest del Paese. Gli Iranici veri e propri rappresentano il 51% del totale e non hanno soltanto una comune paternità ma sono stati anche profondamente plasmati nel tempo da una cultura che non ha mai perduto i suoi profondi legami unitari. Questi si rifanno anzitutto all’impero achemenide, che per la prima volta ha allacciato sotto un’unica organizzazione il territorio iranico, creando centri nodali non più abbandonati e ponendo nel Fārs il nucleo di base del Paese. Importante fu poi l’islamizzazione, che ha esaltato l’urbanesimo, consolidando quella struttura territoriale che ha i suoi centri nelle grandi oasi già privilegiate anteriormente. Sotto il dominio dei Safavidi l’urbanesimo fu ancora riattivato dalla vivacità economica e commerciale del Paese, che trovò in Eṣfahān la sua raffinata capitale. Con la dinastia dei Cagiari la capitale fu trasferita a Teheran, e si ebbe così una riorganizzazione territoriale che, già sotto il dominio di Nādir Shāh, era stata contrassegnata da un nuovo regime delle terre (che favorì la riconversione del feudalesimo in quel latifondismo perdurato sino alla seconda metà del sec. XX) e da una estesa sedentarizzazione delle popolazioni nomadi. Nel corso del Novecento, dopo un lungo periodo di decadenza e di isolamento, il Paese si aprì all’influsso occidentale grazie alla politica di Reẓā Pahlavī con il quale ebbero inizio tutti quei fenomeni caratteristici connessi alla modernizzazione, tra cui crescita demografica, sviluppo dell’urbanesimo, valorizzazione delle aree più funzionali rispetto ai traffici a svantaggio di quelle più povere e periferiche. La popolazione dell’Iran ha subito delle leggere variazioni, che però non mutano in maniera sostanziale il quadro generale della situazione demografica iraniana che si caratterizza per un tasso di crescita contenuto. La densità media è di 44 ab./km², con percentuali decisamente più alte nell’area della capitale, nelle province settentrionali e in quelle situate sul Mar Caspio. Sulla relativa stabilità demografica iraniana hanno esercitato, nell’ultimo decennio del sec. XX e nei primi anni del secolo successivo, una certa influenza i flussi di profughi provenienti dall’Afghanistan e dall’Iraq, una parte dei quali è stata rimpatriata (850.000 gli afghani che hanno fatto ritorno in patria tra il 2002 e il 2007). La popolazione della campagna rappresenta ancora quasi il 35% del totale. Esistono gruppi di nomadi, soprattutto nello Zagros, che compiono migrazioni stagionali tra le piane costiere affacciate al Golfo Persico (terre calde o Garmsir) e i pascoli dell’altopiano (terre fresche o Sardsir). Seminomadi si trovano nel Baluchistan, nell’Elburz e nell’Azerbaigian. Ma la maggior parte della popolazione, dopo i processi di sedentarizzazione, vive in villaggi. Essi sono di diverse dimensioni e si raccolgono nelle oasi, più o meno estese secondo la ricchezza d’acqua, attinta dai qanat, i canali sotterranei lunghi decine di chilometri che consentono agli insediamenti di porsi anche lontano dal pedemonte, nelle piane aperte, dove i suoli sono migliori. A questa distribuzione nelle pianure si debbono i villaggi tipo qal’a, cioè quei centri fortificati, numerosi soprattutto nel Khorāsān, la cui origine è antichissima e la cui diffusione sembra sia da ricollegarsi all’insicurezza lasciata dall’invasione mongola di Gengis Khān. Questi villaggi comunque si ponevano come difesa dalle incursioni dei nomadi che, nei secoli passati, si avevano frequentemente sul fronte settentrionale aperto al Turkmenistan (la diga di Alessandro, il Sād-e-Iskender, è un elemento di difesa che aveva funzioni un po’ simili a quelle della muraglia cinese). Nelle oasi, nelle zone di agricoltura più intensiva, al villaggio compatto si è sostituito in qualche caso la casa sparsa (costruita di fango e aerata mediante prese d’aria; ben diversa è la casa urbana signorile che deriva da tradizioni antiche ed è di notevole raffinatezza). Tuttavia all’antico fenomeno della concentrazione della popolazione nelle poche aree coltivabili e ricche di acqua si è affiancato quello della tendenza all’inurbamento. La povertà dell’agricoltura e la presenza di attività commerciali, culturali e religiose nei centri urbani hanno da sempre rappresentato un incentivo allo sviluppo, ma l’avvio di un processo di industrializzazione nelle città ha richiamato un consistente afflusso di popolazione. L’esempio più eclatante di questo urbanesimo accelerato è Teheran, un’immenso agglomerato di quartieri miserabili, che si contrappongono in modo violento a quelli moderni e lussuosi della parte alta, sulle pendici ospitali del Kolum Bartek. La città è cresciuta in modo vertiginoso negli ultimi decenni del Novecento: nel 1930 contava solo 120.000 ab., mentre al censimento del 2006 contava quasi 8 milioni di ab., considerando anche le vaste bidonvilles periferiche. Ciò è dovuto al fatto che essa concentra le principali attività, rispetto alle quali è favorita dalla sua posizione nodale nei confronti delle aree più prosperose e popolose del Paese. La capitale è direttamente collegata con le altre città del Paese, nodi centrali, a loro volta, di distinte regioni: Tabrīz, chiave di volta del Nord-Ovest, Eṣfahān del Centro-Sud e Mashhad del Nord-Est. In particolare un notevole sviluppo ha avuto Eṣfahān: l’antica capitale safavide rappresenta la tipica città persiana, con la sua ordinata urbanistica sviluppata intorno alla Maydān-i-Sahāh, con i suoi magnifici monumenti e con il vicino bazar diviso in quartieri artigianali e commerciali; essa ha conservato gran parte del suo fascino e al tempo stesso è andata industrializzandosi e moltiplicando le sue attività. Sulla direttrice tra Eṣfahān e la capitale è collocata Qom, città santa sciita capoluogo della provincia omonima. Eṣfahān si trova inoltre sull’importante direttrice stradale che, verso S, continua fino a Shīrāz, capoluogo del Fārs, città anch’essa in notevole fase di sviluppo e ricca di attività commerciali e industriali. Funzioni analoghe svolge Tabrīz, la cui importanza è accresciuta dalla posizione sulle arterie che collegano la capitale alla Turchia, all’Armenia e all’Azerbaigian. Su Mashhad, all’estremità opposta del Paese, gravita tutto il Khorāsān; essa inoltre, unita alla capitale da una linea ferroviaria, si trova sulla direttrice che conduce al confine afghano ed è al centro di una ricca e vasta oasi. È anche un prestigioso centro religioso, frequentato da migliaia di pellegrini. Su Teheran fanno direttamente capo le città del Caspio, di cui Rasht è la maggiore. Nonostante siano ormai unite da buone comunicazioni con la capitale, minor sviluppo hanno avuto le città che si trovano ai margini dei deserti, centri di antica origine come Yazd e Kermān, poste sulla direttrice che prosegue sino a Zāhedān, città di recente valorizzazione presso il confine con il Pakistan. Città importante, che si aggira sul milione di abitanti è anche Ahvāz, capoluogo del Khuzistān e importante località culturale ed economica, mentre presso il Golfo Persico è Ābādān, porto d’imbarco del petrolio e grosso centro petrolchimico. Un ruolo più rilevante hanno assunto Karaj (nei pressi di Teheran) Bandar-e Khomenī e Bandar-e ‘Abbās (città portuali).
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QASHQAI
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