Milleduecentoquindici anni di storia ripercorsi in quasi seicento pagine organizzate in trenta capitoli. Questi numeri non spaventino. Il lavoro di Gatto sul Roma medievale si legge tutto d’un fiato, trasportati di peso in un periodo della città eterna spesso trascurato ingiustamente. E’ l’epoca che segna l’affermazione della religione cristiana nella Roma imperiale e lo sviluppo del potere spirituale e temporale della Chiesa, che sostituirà il declinante potere dell’imperatore in Occidente. Per coprire in modo coerente questo periodo cruciale della storia dell’Urbe, la definizione di Medioevo adottata dall’autore è più ampia di quella usuale: invece di iniziare con la caduta dell’impero d’Occidente nel 476 (deposizione di Romolo Augustolo), la trattazione parte dal trionfo di Costantino a Roma (312); la fine è posta col sacco di Roma a opera di Carlo V (1527), trentacinque anni dopo la tradizionale data della scoperta dell’America (1492).Durante il principato di Costantino Roma era al massimo del suo splendore. La nuova posizione della religione cristiana, sancita dall’editto di tolleranza di Milano del 313, si riflettè nell’urbanistica della città con la costruzione delle prime grandi basiliche, quali quella di S. Pietro sul colle Vaticano e quella di S. Paolo, sulla via Ostiense. Con il trasferimento della capitale dell’impero romano a Bisanzio, in Asia Minore, Roma cessò di essere il centro politico dell’impero, ma inziò la sua affermazione come il più importante centro religioso del mondo cristiano, in quanto residenza finale di Pietro, il primo capo della comunità cristiana dopo la morte di Cristo.Pur non mancando con i successori di Costantino il sostegno economico e militare alla città di Roma, lo spostamento del baricentro politico dell’impero in Oriente lasciò Roma esposta a rischi non più conosciuti da lungo tempo. Nel 410 i Goti di Alarico entrarono in Roma e la saccheggiarono, ottocento anni dopo l’aggressione dei Galli di Brenno. Altre minacce si rivolsero contro la città, con gli Unni di Attila e i Vandali di Genserico, contro le quali si erse il capo della comunità cristiana, il Papa, con la sola forza della sua autorità morale. Il capo della Chiesa, vescovo di Roma, divenne il punto di riferimento principale della città, assumendo funzioni non solo sirituali, essendo l’unica forza in grado di mobilitare le risorse necessarie per sostenere la popolazione nei momenti di difficoltà.Lo svuotamento dell’autorità imperiale d’Occidente, insieme con il non sempre efficace, quando non inopportuno, intervento dell’imperatore d’Oriente negli affari di Roma, crearono un vuoto politico che fu occupato dal Papa. L’azione della Chiesa si manifestò secondo due direttrici: creare una efficace struttura economica e assistenziale rivolta anzitutto verso le categorie più deboli – poveri, infermi, donne sole, fanciulli orfani – ma anche a beneficio dell’intera cittadinanza, in caso di bisogno, e dei sempre più numerosi pellegrini provenienti da ogni parte; promuovere un’azione diplomatica di mediazione verso le forze esterne – l’impero d’Oriente, i principi barbari, poi cristianizzati – per garantire la sicurezza di Roma.La nobiltà romana rimase divisa tra chi sosteneva il Papa e chi ne avversava il crescente potere. L’autore individua gli antecedenti di questa divisione nel primo cristianesimo, quando una parte degli aristocratici romani abbracciarono con fervore la nuova fede, mettendo al servizio della Chiesa tutte le proprie energie e il proprio patrimonio, mentre un’altra parte rimaneva gelosa custode delle tradizioni.La sfida più ambiziosa fu la conversione delle popolazioni barbare che occupavano quelle che erano le provincie occidentali dell’impero romano. I capi di questi popoli finirono per riconoscere l’autorità morale del Papa, considerando la Chiesa l’erede della tradizione civilizzatrice di Roma. L’autorità della Chiesa culminò con l’incoronazione di Carlo Magno, patricius Romanorum e principe del Sacro Romano Impero, avvenuta in S. Pietro nel giorno di Natale dell’anno 800. Da allora i principi germanici ricercarono a Roma la consacrazione del loro potere, ma tra papato e impero per secoli la concordia si alternò al conflitto. Roma rimase al centro dell’attenzione politica dell’Occidente, pagando, però, un prezzo altissimo. Gli eserciti imperiali minacciarono e aggredirono la città più volte; il papa spesso abbandonò Roma di fronte alla violenza, di cui la nobiltà e il popolo erano protagonisti, a fianco del Papa o dell’imperatore, e vittime allo stesso tempo.Lo sviluppo di una borghesia commerciale portò alla nascita del Comune nel XII secolo, in analogia con quanto accadeva in altre città italiane. La nuova istituzione tentò di ritagliarsi uno spazio di autonomia nell’amministrazione della città di Roma, portandosi per forza di cose in contrapposizione col Papa. L’equilibrio del potere si mantenne perciò instabile, a differenza di altre città italiane, nelle quali l’autorità del comune si affermò a spese del vescovo. La posizione speciale del vescovo di Roma costituì un ostacolo insormontabile per le autorità comunali, che col tempo furono ricondotte ad una posizione di subalternità rispetto al Papa.Seguendo uno sviluppo simile alle altre realtà italiane, col passaggio da Medioevo a Rinascimento il Papa si affermò come il signore di Roma e del suo territorio. Come i signori degli altri stati d’Italia, il Papa partecipava al gioco di mutevoli alleanze, cui erano chiamati a far parte i sovrani stranieri, a sostegno di una o dell’altra parte. Tali forze esterne erano molto più forti degli attori locali e perseguivano disegni propri, non sempre compatibili con chi aveva richiesto il loro intervento. Il culmine tragico di questa diplomazia papale fu il sacco di Roma del 1527. Papa Clemente VII si contrappose ostinatamente all’imperatore Carlo V, provocandone la reazione. La nobiltà antipapale parteggiava per l’imperatore, seguendo uno schema consueto. Le conseguenze furono gravissime: le divisioni tra le forze cittadine sguarnirono Roma di fronte alla minaccia imperiale. Le difese della città furono travolte, Roma fu sottoposta a un saccheggio durissimo e sanguinoso. La popolazione rimase decimata dalla violenza, cui seguirono carestie e epidemie. Non più di 30.000 cittadini rimasero in città. Il sacco di Roma chiuse un’epoca, fu l’ultimo tragico episodio che vide protagonisti il papato, l’impero, la nobiltà romana e il popolo, le quattro forze che plasmarono il destino di Roma nel Medioevo.Completano l’opera un’utile cronologia, un indice dei nomi di dieci pagine e quasi quattordici pagine di preziosissima bibliografia commentata e organizzata per secoli. Giampiero MarcelloDall’avvento di Costantino al famoso saccheggio di Carlo V del 1527: milleduecento anni di storia di Roma compaiono in questa ricostruzione realizzata da Ludovico Gatto, serio studioso dell’età medievale. La sua dettagliata analisi di tutti gli eventi fondamentali del tempo va a comporre le tessere di un ampio quadro politico, religioso, economico, sociale, culturale, edilizio, urbanistico,Se è vero che sull’epoca medievale in genere le fonti storiografiche a nostra disposizione non sono molte, bisogna invece riconoscere che maggiori sono le testimonianze relative alla specifica situazione di Roma. Testimonianze documentarie e narrative, per non parlare delle vestigia edilizie e urbanistiche. Per le opere di letteratura storica il riferimento più immeidato è la Storia della città di Roma nel Medioevo di Ferdinando Gregorovius, costruita intorno alla valutazione di due grandi elementi fondamentali: la grande tradizione della Chiesa uiversale e la altrettanto grande memoria dell’Impero romano.
Storia medievale